In occasione della cittadinanza onoraria di Milano

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20 Marzo 2004

Signor Sindaco Albertini,

Signori consiglieri comunali,

Assessore Giovanni Verga,

Magnifico Rettore Ornaghi,

Prof. Zamagni,

Eccellenza mons. De Scalzi,

Autorità civili e religiose,

Signore e Signori, cari amici.

È un grande grazie che mi sgorga spontaneamente dal cuore per l’onore che mi viene fatto oggi di diventare cittadina di Milano. È un grazie sentito particolarmente perché, con questa onorificenza, spero venga messo sopra il lucerniere un dono di Dio e tutto sia a sua gloria: dono, carisma che è stato affidato a me e al Movimento dei Focolari e che, ulteriormente conosciuto, potrà fare luce a molti. In questi ultimi anni ho ricevuto più di una cittadinanza onoraria, da città piccole e grandi, in Italia e all’estero. E sempre, ogni volta, mi sono premurata di conoscere almeno un po’ la città che mi accoglieva, leggendo qualcosa della sua storia, ammirando qualche capolavoro che essa ospita, cercando soprattutto di cogliere l’amore particolare con il quale Dio l’ha guardata e la guarda e di cui la vuole ulteriormente ricolmare. Se non sempre è facile entrare, seppure in punta di piedi, nell’anima di una città per evidenziarne qualche particolare, ciò risulta veramente difficile qui a Milano. Da questa metropoli emana, infatti, un fascino e un’impressione di poliedrica grandezza che lascia sbalorditi e ammutoliti.

Tuttavia oggi sono qua e mi sento in dovere di dirne qualcosa, se non altro per riconoscenza. Da quanto so, la storia di Milano è una storia gloriosa. Desta meraviglia, infatti, osservare come, lungo i secoli, Milano sia sempre rinata dalle molteplici distruzioni che ha dovuto subire, quasi che nessuno la potesse sradicare. Il patriota milanese Cesare Correnti si esprime bene al riguardo: «Voi vedete sia caso, sia senno, i nostri antenati hanno scelto ottimamente il sito dove piantare le radici. Batti e ribatti, Milano è sempre Milano: la pianta fatata, alla prima occhiata di sole si rinforza e ringiovanisce. Vuol dire che la terra è buona e le radici sono sane». E oggi Milano si presenta a chiunque l’avvicini come una metropoli dai mille volti: città generosa, ricca di memorie, d’arte, di fede; città accogliente e colta, operosa e laboriosa, elegante e sportiva; città aperta su nuovi orizzonti di sviluppo, e luogo di speranza, nonostante le contraddizioni tipiche della società del benessere, nonostante gli squilibri sociali attuali e le tante nuove povertà che vi si affacciano. Ogni angolo della città racconta e testimonia una qualità artistica da scoprire, quasi da cercare nel tumulto della vita intensa che la contraddistingue. Ecco l’incontro con monumenti e architetture nelle quali si riconosce il genio di Leonardo, Filarete, Bramante, Piermarini; sino alle più significative architetture contemporanee. Ecco la scoperta delle sue pinacoteche e biblioteche, come Brera o l’Ambrosiana, custodi di tesori inestimabili. Nei secoli, il capoluogo della Lombardia si è rivelato ponte tra gli stimoli culturali e operativi dell’Europa del Nord, e lo stile di vita e di pensiero delle popolazioni mediterranee. Per questo il card. Martini ha potuto dire: «Questa funzione di luogo di incontro e di valutazioni tra mentalità, culture, attività diverse rimane imprescindibile per l’avvenire e l’equilibrio dell’Europa».

Da qui il suo fascino, che ha conquistato lo scrittore francese Stendhal, che così espresse il suo amore per Milano: «Milanesi non si nasce, ma si diventa». Ed è significativa questa espressione, perché mette in luce un’attitudine di questa città: quella di considerare appartenenti ad essa coloro che vi vivono e vi operano, non importa se figli naturali o adottivi. La Milano del XX secolo ha dato un contributo eccezionale alla maggior parte degli avvenimenti storico-politici e culturali della vita del nostro Paese, così da meritarsi la qualità di “capitale morale” di esso ed essere considerata la più europea delle città italiane. Milano ha in sé un patrimonio grandissimo di luoghi del sapere, di cultura, della ricerca di enorme potenzialità, basti pensare al numero degli atenei a carattere umanistico, scientifico, tecnico, economico e giuridico che la costellano. Personaggi della letteratura, dell’economia, dell’arte, della musica, del diritto, hanno segnato la sua storia. Manzoni, con la sua produzione letteraria e poetica, ha condotto alla sua massima altezza la tradizione italiana del romanzo storico, fissando nello stesso tempo l’identità della lingua italiana. Presentissima è anche la figura di Giuseppe Verdi, milanese d’elezione, che ha legato strettamente la sua vita e la sua arte alla città e in particolare al Teatro della Scala. E come non sottolineare ancora una specifica fisionomia di Milano: la sua capacità economica e imprenditoriale, frutto della proverbiale operosità e laboriosità dei suoi abitanti? Milano è sempre un laboratorio di innovazione e di tradizione. Oltre alla sua rinomata e feconda attività industriale, la metropoli è diventata ora anche capitale della comunicazione, città del design e della moda esportata in tutto il mondo. In essa si sviluppano esperienze economiche no-profit come coscienza più matura e sensibile di condivisione, nelle quali la sua tipica vocazione agli affari si intreccia con antiche tradizioni solidaristiche. Il volontariato, sia laico che cristiano, è protagonista della crescita e dell’umanizzazione della città; ed è molto significativo che il territorio milanese ospiti un numero impressionante di organizzazioni di volontariato, di cooperative sociali, di associazioni e fondazioni. A Milano, infatti, ha sede l’Agenzia per le Onlus. Se Milano si distingue così dal punto di vista civile, non è da meno dal punto di vista ecclesiale. Le basiliche dei primi secoli che la impreziosiscono – S. Eustorgio, S. Lorenzo, S. Ambrogio, S. Simpliciano, S. Nazaro – portano agli albori del cristianesimo: fanno memoria di quel 13 marzo dell’anno 52, a soli vent’anni di distanza dalla morte di Gesù, quando Barnaba giunse a Milano portando l’annuncio rivoluzionario del Vangelo. In queste chiese è palpitante la presenza dei primi martiri nel cui sangue maturava quella pace che avrebbe visto nascere una civiltà cristiana. È di Milano, infatti, il celebre editto, firmato da Costantino nel 313, che concesse la libertà di culto ai cristiani, ponendo così definitivamente termine al lungo periodo delle persecuzioni.

Nel IV secolo, poi, l’episcopato di Ambrogio conferì un’impronta tale alla Chiesa milanese e al suo popolo che da lì in avanti l’avrebbe sempre contraddistinta: l’ambrosianità. Accanto al bellissimo palazzo in cui ci troviamo, si erge quell’«ottava maraviglia» – come lo chiamava Manzoni 3 – che è il Duomo, dedicato a Maria nascente: esso è un vero inno alla Vergine, innalzato per ammaestrare i secoli. E una rete di cultura mariana, espressa in varie forme d’arte, si stende vibrante sulla città. Nei secoli il popolo milanese ha riservato alla Madre di Dio uno spazio di visibilità e affidamento, tanto da desiderare e porre la “Madonnina” sulla più alta guglia del Duomo, come simbolo e cuore della città stessa. L’opera pastorale di questo grande santo diede l’impronta a tutta la Riforma cattolica. Nel lungo elenco dei Pastori che hanno retto la Cattedra di Milano, ben 38 sono stati dichiarati santi, 2 beati; inoltre, 5 di essi sono saliti sulla Cattedra di Pietro, fra i quali il santo Padre Paolo VI, tanto vicino al nostro Movimento. I Movimenti ecclesiali, «significative espressioni dell’aspetto carismatico della Chiesa»  – come scrive il Santo Padre –, sono presenti anch’essi all’interno della realtà milanese. Ne costituiscono una forza nuova che contribuisce a garantire un’anima alla città. Il Congresso mariano del Movimento dei Focolari, che si è svolto il 14 giugno scorso al Filaforum di Assago, ne è stato una riprova. Per quanto riguarda poi la nascente comunità dei Focolari, la città è stata sin dalla fine degli anni ’40 una terra di accoglienza e un vivaio di vocazioni, che hanno permesso al nostro Movimento uno sviluppo non solo all’interno della società e della Chiesa ambrosiana, ma anche oltre. Diversi, infatti, tra i primissimi focolarini hanno conosciuto la nostra spiritualità proprio qui. Questo volto insieme civile e religioso di Milano fa pensare che, in essa, vivere la vita spirituale non è un settore a parte, ma che sottende ogni agire: un po’ come il lievito, che pur non immediatamente visibile fermenta la pasta.

Ma è tutto qui quanto so di Milano? Vi sono altri doni che il Signore ha fatto, in tempo recente, a questa meravigliosa città: pastori e guide di grande valore nella persona del card. Carlo Maria Martini, prima, e ora in quella del card. Dionigi Tettamanzi, la cui ricchezza spirituale, intellettuale ed umana i milanesi già apprezzano ed avranno la gioia di scoprire sempre di più. E ora, con l’intento di ricambiare un po’ quanto oggi mi viene dato, desidero lasciare loro qualcosa del «carisma dell’unità» che lo Spirito Santo ha affidato a noi, focolarini. Un dono di luce e di amore che promuove, ovunque venga accolto, un nuovo stile di vita, una nuova spiritualità, la «spiritualità dell’unità», la quale porta nel mondo l’unità e la fraternità universale. Il Santo Padre, nella sua lettera Novo millennio ineunte, l’ha proposta alla Chiesa intera col nome di «spiritualità di comunione», perché tutti la vivano, ad ogni livello. Essa è incentrata sull’amore evangelico che, se praticato – lo possiamo affermare –, fa miracoli. Dovunque si manifesta, esso ravviva singoli e comunità, immettendo un supplemento d’anima che dà bellezza, forza e smalto ad ogni espressione della vita. Perché non si tratta di un amore qualunque. La sua prima nota è l’universalità, che non ammette discriminazione alcuna. Per esso si amano non solo i parenti e gli amici, ma ogni altro; si ama il bianco e il nero, il compatriota e lo straniero, l’amico e il nemico, chi è del proprio Movimento o d’un altro, della propria religione o di un’altra… È l’amore di Dio Padre che manda sole e pioggia su tutti, siano essi giusti o ingiusti. Quest’amore proposto dal Vangelo, ha sempre l’iniziativa: spinge ad amare per primi, senza attendere d’essere amati. È concreto, si fa uno con tutti, ammalato con chi lo è, gioioso con chi gioisce, triste con il triste: si fa tutto a tutti. E, se vissuto da più, diventa reciproco. È la perla del Vangelo: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13, 34) ha detto Gesù. Amore vicendevole che origina fraternità e unità. Per quest’amore, sono state possibili nel Movimento originali realizzazioni. Nel campo spirituale, il dialogo e una sempre più piena comunione non solo fra persone singole, ma tra i Movimenti ecclesiali, sorti da nuovi e antichi carismi, e tra essi e le associazioni della nostra Chiesa. E ancora: il dialogo ecumenico del popolo fra cristiani di varie Chiese.

E il dialogo interreligioso, che rende possibile l’avvento di brani di fraternità tra fedeli di religioni diverse e, tra loro, di Movimenti moderni ed il nostro. Infine, il dialogo con persone di convinzioni diverse, per salvaguardare insieme i grandi valori umani quali la libertà, il rispetto dei diritti della persona, la solidarietà. Da questo carisma sono nate pure realizzazioni nel civile e nel politico. Per l’irradiazione della Sapienza divino-umana, che emana dal Vangelo, sono sorti il Movimento politico per l’unità e l’Economia di Comunione nella libertà, che hanno già attirato l’attenzione e suscitato l’interesse di esponenti della società milanese. Vengono poi inondati – come direbbe Giovanni Crisostomo – dallo spirito del Vangelo i campi dell’arte, dell’educazione, della scienza, del sociale, dei media, dello sport; di tutti gli ambiti della cultura. Caratteristiche, poi, sono le cosiddette cittadelle di testimonianza che, pur minute, possono, penso, per lo stile di convivenza che promuovono, offrire nuova luce anche ad una grande città come Milano. Esse si presentano come vere e proprie piccole città moderne, con la loro chiesa, case per famiglie, scuole per futuri animatori del Movimento nel mondo di tutte le età; e negozi, sale per incontri, centri d’arte, atelier, piccole aziende che contribuiscono al mantenimento degli abitanti. In alcune di esse, poi, esiste già o sta sorgendo un polo aziendale, che accoglie e unisce imprese informate dal progetto di Economia di Comunione. A tutt’oggi sono 33 queste cittadelle, sparse nei cinque continenti. L’idea di edificare le cittadelle è nata nel 1962 in Svizzera.

Alcuni, fra le prime e i primi focolarini, contemplando dall’alto di una collina la meravigliosa cittadella benedettina di Einsiedeln, vera incarnazione dell’ideale di Benedetto, ora et labora, con la maestosa chiesa, le scuole, i campi e i caseggiati in cui i padri tuttora, dopo secoli, pregano, lavorano e studiano, sentirono nascere in sé l’idea e la speranza che anche il nostro carisma avrebbe potuto esprimere un giorno qualcosa di simile in una cittadella moderna. Sarebbe dovuta essere, secondo la spiritualità e la prassi che, da anni, caratterizzavano il Movimento, una convivenza di persone le più varie, legate fra loro dall’amore reciproco. E l’amore reciproco, vissuto con fedeltà e perseveranza, non si sarebbe espresso solo in una realtà spirituale: esso avrebbe dato un avvio deciso ad una comunione di beni da attuarsi dai cittadini. Comunione di beni anzitutto materiali, che sarebbero circolati, mentre si sarebbero dichiarate pure le necessità come dono d’amore. Per sé, ogni cittadino avrebbe tenuto soltanto quanto gli occorreva, come un fiore che assorbe dalla terra quel tanto di acqua e di nutrimento che gli serve per vivere. Ma anche i beni spirituali sarebbero stati messi in comunione: esperienze, testimonianze, idee che edificano, ispirazioni. Con questa piena comunione, le cittadelle intendevano configurarsi sulle prime comunità cristiane, i cui membri erano un cuor solo ed un’anima sola, e nessuno tra essi era indigente. E così è stato, ed è, di queste cittadelle. Ed è per questa straordinaria vita che la loro irradiazione nel mondo circostante è stata ed è impressionante. La prima è sorta a Loppiano, a Incisa in Val d’Arno, vicino a Firenze. Con i suoi 800 abitanti di 70 nazioni diverse, è un bozzetto di mondo unito, dove si possono vedere già fusi in uno le varie razze e i vari popoli del mondo. Si assomigliano come delle sorelle, queste cittadelle, anche se ognuna ha la sua propria caratteristica. Tratti diversi, infatti, le distinguono. La testimonianza dell’unità già possibile tra cattolici ed evangelici a Ottmaring nella Baviera; il dialogo interreligioso a Tagaytay nelle Filippine. Danno risposte ai problemi sociali le tre del Brasile; mostra il protagonismo dei giovani nella costruzione della civiltà dell’amore la cittadella a O’Higgins in Argentina; testimonia la possibilità dell’unità in una società multietnica, quella negli USA, vicino a New York. Ne esiste una a Fontem, nel cuore della foresta camerunense, dove abbiamo fatto un’esperienza unica: quella di rivivere lo sviluppo della Chiesa dei primi tempi. Infatti, dalla sola testimonianza dell’amore concreto profuso da un gruppo di focolarini medici chiamati a prendersi cura del popolo bangwa, affetto da molte malattie e da una grave mortalità infantile, abbiamo visto questo popolo e diversi altri popoli confinanti incamminarsi, con i loro re in testa, sulla via della fede e della fraternità.

Nel tempo, queste piccole città hanno ricevuto vari nomi, che evidenziano diverse loro caratteristiche. Per il desiderio di vivervi appieno il Vangelo, sulla base del comandamento nuovo, esse sono state chiamate Città-Vangelo: chi le visita, dovrebbe capire come diverrebbe il mondo se vi si vivesse il Vangelo. Città-vita, non certo perché vi si vive una vita qualunque ma perché, per il reciproco amore, deve splendere in mezzo ad esse Colui che ha detto: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro» (Mt 18, 20). Ed Egli è la Vita! Città-scuola, perché tutto in esse deve essere scuola d’amore: il lavoro, la preghiera, lo studio, l’accoglienza dei visitatori, il modo di tenere le case, la maniera di usare i mezzi di comunicazione, l’ecologia vissuta. Città sul monte, perché, nell’ospitare persone così varie, che formano un solo popolo unito, porzione del popolo di Dio, offrono qualcosa di eccezionale da essere messo sul monte affinché tutti lo possano vedere. Anche se, finora, queste cittadelle sono prevalentemente animate da motivi spirituali, sì da presentarsi come piccole città “ideali”, o «città celesti» – come direbbe Agostino –, hanno tuttavia degli elementi che fanno prevedere una loro maturazione sì da farne possibili modelli di moderne città “terrene”. In esse, infatti, persone di tutte le vocazioni, civili o religiose, sono, sin d’ora, presiedute e guidate, per tutti gli aspetti “terreni”, da una persona che può configurarsi come un sindaco: e infatti così è chiamata. La vera fraternità, che in esse si vive, le rende autentiche comunità, ma aperte a tutti.

In particolar modo oggi le vedo tali considerando Milano. È una «città generosa» – come mi scrisse il Signor Sindaco –, una città che «si è sempre impegnata con entusiasmo nelle opere di solidarietà. Ha promosso nella sua storia l’esaltazione civile e religiosa dell’attività umana. (…) Autorità civili e religiose hanno percorso insieme la stessa strada – continua il Signor Sindaco –, impegnandosi concretamente, quotidianamente a favore di chi ha più bisogno, di chi è ai margini della nostra società. E questo cammino comune continuerà, nel nome di una tradizione di cui siamo e saremo sempre testimoni». Si può, dunque, vedere Milano come una città portata all’amore verso gli altri. Per questo ardisco oggi, come nuova cittadina di Milano, invitare la mia città a mettere decisamente a base della sua vita, in ogni suo aspetto, quell’amore mutuo evangelico che è la fonte e il segreto della vera fraternità e della felicità. Così facendo essa potrà sviluppare la sua vocazione al bene, all’amore e divenire una stella che indichi il cammino a tanti; una profezia di che cosa potrebbe essere il mondo se tutti gli uomini la imitassero. Grazie di cuore, Signor Sindaco Albertini, Signori consiglieri comunali, Assessore Giovanni Verga, Magnifico Rettore Ornaghi, Prof. Zamagni, Eccellenza mons. De Scalzi, Autorità civili e religiose, Signore e Signori, cari amici. Grazie del loro ascolto. Grazie sin d’ora a Dio, se Egli vorrà darci la grazia di vedere un giorno questo sogno diventare realtà.

CHIARA LUBICH