Discorso ai politici e agli imprenditori – Brasilia

archivio
7 Maggio 1998

Eccellenza Signor vicepresidente della Repubblica,

Dottor Marco Maciel,

Onorevoli deputati e autorità politiche,

Signori imprenditori,

ringrazio anzitutto della possibilità che mi è stata data di rivolgere loro qualche parola su aspetti importanti di quella vasta realtà religiosa e sociale, che va sotto il nome di Movimento dei Focolari, che qui rappresento. Quest’Opera, infatti, si può vedere sotto diversi punti di vista: da quello spirituale a quello apostolico, da quello caritativo o sociale a quello ecumenico, da quello interreligioso a quello culturale e altri. Qui mi soffermerò su due aspetti sviluppatisi recentemente: l’aspetto politico e quello sociale, in particolare l’«Economia di Comunione nella libertà». Questi due aspetti, come gli altri, sono fioriti, in quanto a realizzazioni concrete, in un dato humus. Per poterli spiegare meglio, è quindi necessaria una premessa che dica cos’è quest’humus, questo Movimento.

Esso è nato nella Chiesa cattolica a Trento (Italia), più di cinquant’ anni fa. Il suo stile di vita, il suo spirito, è prettamente evangelico. Il suo humus, quindi, è intriso di parole di Dio. Un noto canonico anglicano, Bernard Pawley, ora in Cielo, conosciutolo, lo aveva definito così: «Una bolla d’acqua viva scaturita dal Vangelo». E il noto Roger Schutz di Taizé, riformato, lo vedeva come «una pagina di Vangelo aperta».

L’anima, infatti, del Movimento dei Focolari poggia su alcune frasi del Vangelo, scoperte nuove per la luce d’un particolare carisma, uniche, universali e tali da poter essere messe in pratica; inanellate l’una nell’altra sì da formare le linee portanti d’una nuova spiritualità: la spiritualità dell’unità, personale e comunitaria insieme. Queste parole, in estrema sintesi, sono: scegliere Dio, che è Amore, come ideale della vita; amarLo, facendo la sua volontà, contenuta nelle Parole del Vangelo, soprattutto quelle riguardanti l’amore verso ogni prossimo; amarsi a vicenda come Gesù ci ha insegnato; amare la croce perché senza saper patire non c’è vero amore; realizzare l’unità invocata da Gesù al Padre; tendere ad avere sempre fra noi la presenza di Cristo, giacché Lui ha detto: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro» (Mt 18,20). Questo l’ humus in cui nascono e si formano tutte le persone del Movimento, anche quelle dedite alle attività politiche e sociali. Senza questo humus gli obiettivi che ci si propone sono difficilmente attuabili. Mentre con la base di una vita evangelica vissuta essi si possono raggiungere con facilità. Ha detto il Papa Giovanni Paolo II: « … non c’è rinnovamento, anche sociale, che non parta dalla contemplazione. L’incontro con Dio C..) immette nelle pieghe della storia una forza misteriosa che tocca i cuori, li induce (. ..) al rinnovamento e (. .. ), diventa una forza storica di trasformazione delle strutture sociali» l.

E veniamo all’aspetto politico.

Fin dall’inizio del Movimento, attirava la nostra particolare attenzione il mondo della politica, così fondamentale per la vita di un popolo e per le sorti dell’umanità. Ci attirava perché bisognava sostenere spiritualmente i molti nostri che vi partecipavano, spesso in posizioni di responsabilità. Ci attirava anche per ché vedevamo come fosse un mondo che aveva ed ha tanto bisogno di Dio. Igino Giordani, una persona ricca di esperienze culturali, politiche ed ecclesiali, co-fondatore del Movimento, diceva: «Se tutti hanno bisogno di santità, i politici ne hanno bisogno in razione doppia».

Egli scorgeva infatti nella politica, da un lato una meravigliosa possibilità di amore sociale, ma dall’ altro anche il regno delle divisioni, della lotta, delle grandi tentazioni. In questi ultimi tempi nei “nostri” impegnati in politica, in mezzo al disorientamento crescente, sono nate alcune domande: è possibile puntare all’unità partendo da posizioni tanto diverse? Come si può andare al di là del frazionamento in tanti partiti, sì da operare veramente per il bene comune, per il bene di tutto un popolo? Queste domande mi furono poste da un gruppo di politici, due anni fa, nel maggio 1996 a Napoli (Italia). E là è sorto un pensiero: aver coscienza sempre più profonda del dono che Dio ci ha dato attraverso il Movimento e mettere in pratica, a base di tutto, l’amore reciproco fra tutti, da esso proposto, sÌ da realizzare l’unità. Vivere, quindi, anzitutto da veri cristiani. E poi sapersi impegnati in un partito. Rinsaldare, dunque, sempre l’unità tra coloro che sono impegnati in politica, e non certo per formare un altro unico partito, ma piuttosto, rimanendo fedeli alle proprie scelte di campo, aiutarsi, forti di questa unità, a prendere posizioni comuni onde salvaguardare i valori dell’uomo, che hanno poi tutti la loro radice nel cristianesimo.

Quel giorno è nato, ci sembra da un’ispirazione di Dio, il cosiddetto «Movimento dell’unità», diramazione del «Movimento dei Focolari». E, poiché ad esso partecipano anche persone non cristiane e non credenti, l’impegno iniziale, per loro, veniva così precisato: prima essere persone che credono nei valori profondi, eterni, dell’uomo, poi essere ciascuno della propria parte. Da quel non lontano incontro a Napoli, la realtà del «Movimento dell’unità» ha incominciato a svilupparsi, rapidamente, in tutta Italia. Sono circa 200 le persone elette, dai consigli comunali al Parlamento nazionale, sia nelle maggioranze che all’ opposizione, e altre 500 circa sono quelle impegnate in tutti i partiti. Il loro operare in questi due anni ci dice che puntare all’unità nella diversità è possibile. Si segue il metodo suggerito dal Vangelo: amare l’altro, fare spazio all’ altro, disporci all’ascolto, al dialogo autentico, libero da pregiudizi, disinteressato.

Comprendere e capire le ragioni dell’altro, vivere la diversità come ricchezza, puntare sui valori comuni per affrontare i relativi problemi concreti sul piano legislativo e sul piano amministrativo. E il tutto sempre con un’opzione principale: l’attenzione privilegiata per i poveri, gli emarginati, gli immigrati, le periferie urbane. L’unità, poi, vissuta tra i nostri, che è al fondo di tutto questo, va portata anche, come fermento, nei propri partiti, tra i vari partiti e nella vita pubblica. Si attua, fra il resto, inoltre, quello che abbiamo chiamato il “patto politico”: tener vivo il rapporto tra gli eletti e i cittadini in costante dialogo di informazione, di stimolo, di controllo. li «Movimento dell’unità» sta cominciando a nascere nel resto dell’Europa, nelle Filippine, come anche in Argentina e Brasile, e già dà i suoi primi frutti di crescita politica. Si può accennare ora a qualche esempio, modesto, ma significativo se si pensa al breve tempo di vita del «Movimento dell’unità». In Italia ecco uno dei casi di partecipazione giovanile: due giovani siciliani si sono trovati nelle ultime elezioni regionali a fare campagna elettorale per due candidati di partiti diversi. Si sentivano ogni sera a mezzanotte, per aiutarsi l’un l’altro a risolvere i problemi insoluti della giornata e per rafforzarsi nella decisione di coltivare nella propria parte lo spirito di comprensione verso l’altro. Sempre in Italia, un gruppo delle diverse regioni e partiti sta concludendo uno studio per un contributo di idee alla riforma della Costituzione italiana. Nel Parlamento italiano nazionale due deputati, di partiti diversi, hanno coinvolto colleghi di tutte le parti politiche nella presentazione di una proposta di legge sul problema tanto dibattuto della fecondazione medicalmente assistita.

In Cechia, un politico, ex ministro dell’agricoltura, segretario di un partito, dopo una crisi politica, ha avuto l’incarico della formazione del governo: il suo lavoro di mediazione ha reso possibile un governo che preparasse il Paese, senza traumi, a nuove elezioni. Nelle Filippine, poi, l’esperienza più significativa è l’impegno a fare delle elezioni, sia amministrative che politiche, un’occasione di crescita civile. Per questo, pur appartenendo a partiti diversi, preparano insieme i cittadini più poveri e più svantaggiati culturalmente a fare scelte il più possibile coscienti e non massificate. Ci sono, infatti, dei nostri impegnati in politica, di partiti diversi, in molte nazioni. Ed ora un’osservazione. È la prima volta che mi trovo a parlare del «Movimento dell’unità» a politici non italiani.

E forse sta suonando un’altra ora importante: che l’unità tra politici di partiti diversi si estenda a politici di nazioni diverse, sì che possano andare avanti con un cuor solo – in unità – per il bene non solo del proprio popolo, ma anche per il bene dell’insieme dei popoli dell’intero pianeta, riservando tutti una cura particolarissima alle zone di povertà e alle aree di guerra, tragiche ferite -le une e le altre – nella grande famiglia umana, che deve formare, invece, l’unico popolo di Dio. Già nel 1959, in una valle delle Dolomiti, in Alta Italia, era risuonato, fra i membri del Movimento dei Focolari, questo messaggio: «È arrivato il momento di amare la patria altrui come la propria», con questa «speranza: che il Signore (…) faccia crollare le barriere tra i popoli rinchiusi nel proprio guscio e faccia correre un flusso ininterrotto di amore tra terra e terra, torrente di beni spirituali e materiali» . L’anno scorso, parlando nel palazzo dell’ONU, avevo auspicato «la necessità di rileggere il senso della reciprocità: (…) una reciprocità in grado di portare ogni protagonista della vita nazionale ed internazionale a vivere l’altro, i suoi bisogni, le sue capacità, non soltanto nelle emergenze, ma a condividerne quotidianamente l’esistenza». Potrebbe essere proprio questo il compito di questo «Movimento dell’unità» tra politici di varie nazioni: operare nei rapporti tra i popoli e negli organismi mondiali, testimoniare il nuovo senso di reciprocità e comunicarlo a tutti i responsabili per coinvolgerli nel cammino sempre più vero e concreto verso quel mondo più unito che è segnalato dai “segni” del tempo.

Ed ora l’aspetto sociale.

Seguendo le linee di vita evangelica suddette, la comunione dei beni tra chi viveva questo spirito si è sempre attuata fin dagli inizi del Movimento. Nell’Opera c’è chi la fa in modo completo: sono i focolarini e le focolarine consacrati, che portano in focolare il loro intero stipendio e consegnano tutto il loro eventuale capitale e beni immobili, con testamento, in favore dei poveri, soprattutto attraverso le attività formative, apostoliche, caritative e sociali del Movimento. Gli altri donano il proprio soprappiù. L’attività sociale del Movimento si esprime poi in opere concrete. Esse non sono tanto programmate, ma nascono spontaneamente dai cuori dei suoi membri, educati all’amore. Non hanno fine a se stesse, ma vogliono essere testimonianza dell’ amore perché si realizzi fra molti l’unità, scopo del Movimento.

Se ne contano 750 di importanti o di una certa importanza. Ce ne sono anche in Brasile, conosciute dal nostro Movimento in tutto il mondo, come quella chiamata “Magnificat” nello stato di Maranhao; a Recife, l’azione di promozione umana nell’isola di Santa Teresinha, oltre a Scuole di formazione sociale, a livello nazionale. È, poi, tipica del nostro Movimento la cosiddetta «Economia di Comunione» nella libertà. Essa è nata qui, in Brasile. TI Movimento, presente in questa Nazione sin dal 1958, si è diffuso in ogni parte, attraendo persone di tutte le categorie sociali. Da qualche anno però, nonostante la comunione dei beni, mi ero resa conto che, data la crescita del Movimento (siamo cir­ca 200.000 persone), non si riuscivano a coprire neanche i più urgenti bisogni dei nostri membri. Mi era sembrato, allora, che Dio chiamasse il nostro Movimento ad attuare una comunione dei beni più ampia. Pur non essendo edotta in problemi economici, ho pensato che si dovrebbero trovare nuove risorse e per questo far nascere delle aziende, delle imprese. La loro gestione doveva essere affidata a persone competenti, in grado di farle funzionare efficacemente e ricavarne degli utili. Questi – e qui sta la novità – dovevano essere messi in comune. E ciò è in parte per gli stessi scopi della prima comunità cristiana: aiutare coloro che sono nel bisogno e dar loro da vivere, finché abbiano trovato un posto di lavoro. Una parte certo per incrementare l’azienda. E, infine, un’altra parte degli utili per sviluppare strutture di formazione per “uomini nuovi” e cioè persone animate dall’ amore cristiano, atte a quella che noi chiamiamo la “cultura del dare” . Inoltre, nelle nostre cittadelle di testimonianza (ne abbiamo una ventina nel mondo, di cui tre in Brasile), accanto alle Scuole di formazione, alle case per famiglie, alla chiesa, sarebbe dovuto nascere un vero settore industriale.

Le cittadelle si sarebbero trasformate così in “città pilota” moderne, vero bozzetto di società in cui si vive il Vangelo. L’idea è stata colta con entusiasmo non solo in Brasile e nell’ America Latina, ma in Europa e in varie parti del mondo. Molte aziende sono nate, e molte si sono “trasformate” secondo i canoni dell’Economia di Comunione. È questo un agire economico che – pur attuandosi all’interno del sistema economico vigente – va in direzione opposta ai criteri fondamentali dell’economia quale oggi è per lo più pensata. Mettendo in atto atteggiamenti che si ispirano alla nostra spiritualità, viene proposta agli imprenditori una nuova linea di conduzione dell’impresa. Richiede di rimettere al centro l’uomo ed i rapporti interpersonali, evitando comportamenti contrari all’ amore evangelico; e la valorizzazione dei dipendenti attraverso il loro coinvolgimento nella gestione.

Naturalmente tutto questo esige un processo continuo di formazione delle persone. Inoltre nella gestione va rispettata l’etica nei rapporti con i clienti, i fornitori, la pubblica amministrazione, quindi la legalità. Va riservata attenzione all’ambiente di lavoro ed al rispetto della natura. Va favorita la collaborazione con altre realtà aziendali e sociali, ecc. Non bisogna inoltre dimenticare di lasciar spazio all’intervento di Dio, anche nel concreto operare economico: un introito inatteso, una geniale soluzione tecnica, l’idea di un nuovo prodotto vincente …

A questo progetto hanno già aderito 622 aziende e 125 attività di vario genere. Economisti, sociologi, filosofi approfondiscono questa nuova idea che si sta rivelando una nuova filosofia economica. Secondo uno studioso di fama internazionale dei problemi di etica e di economia, l’attuale concetto del liberal-individualismo, dove il centro è il mercato, inteso come unico mezzo per raggiungere i fini che la società si pone, genera le situazioni di cui stiamo subendo le conseguenze; e, quindi, esperienze come quella dell’ «Economia di Comunione» sono importanti perché oggi si ha bisogno di una cultura della reciprocità. Questo è un po’ l’«Economia di Comunione».

Eccellenza Signor vicepresidente della Repubblica, dotto Marcos Maciel, Onorevoli deputati e autorità politiche, Signori imprenditori, da quello che ho detto, spero di aver fatto intuire qualcosa di due di questi aspetti che hanno solo pochi anni di vita. Opera religiosa e sociale, il Movimento dei Focolari, realizzata con l’aiuto di Dio, ha, come ho detto, molti altri aspetti molto più sviluppati in diversi campi, presenti anche in questo grande e meraviglioso Paese. Forse un giorno li potranno conoscere in tutta la loro realtà. Per ora ringrazio tutti della pazienza e dell’ attenzione che hanno posto nell’ avermi ascoltata.

CHIARA LUBICH