Il senso della vita e delle cose

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22 Agosto 2020

SPIRITUALITÀ E POLITICA. Il 22 agosto 1959 Chiara Lubich tenne, a Fiera di Primiero, un importante discorso su “Maria, Regina del mondo”. Esso introdusse l’atto di “Consacrazione dei popoli a Maria” compiuto da rappresentanti di 27 Paesi, presenti in quei giorni alla “Mariapoli”, attività del Movimento dei Focolari che, nel corso dell’estate, vide la partecipazione di 12 mila persone.

 

IL SENSO DELLA VITA E DELLE COSE

ANTONIO MARIA BAGGIO – Fiera di Primiero

22 AGOSTO 2020

«Io ringrazio, sono grato per questo invito a cercare il “senso della vita e delle cose” in questo discorso che Chiara Lubich fece in occasione della consacrazione dei popoli al Cuore immacolato di Maria, il 22 agosto 1959.

Era un po’ di tempo che non lo leggevo e sono rimasto profondamente impressionato perché è un testo grande. Credo che questo sarà ricordato come “il discorso di Fiera di Primiero” e un discorso importante perché vi ho trovato un linguaggio molto vicino al linguaggio che Chiara ha usato per descrivere la sua esperienza mistica che cominciò nell’estate del 1949.

Qui dentro ci sono dei concetti, c’è una visione delle cose, che mi ha colpito moltissimo perché sembra scritta per oggi, per i nostri tempi. Sembra che Chiara abbia alle spalle ciò che abbiamo noi. Dico “alle spalle” ma siamo ancora dentro a questa nuova prova che come umanità stiamo passando tutti insieme.

[00:21:22] L’idea stessa della Consacrazione al Cuore Immacolato di Maria, la centralità data a Maria Regina nell’azione storica e pubblica, riecheggiano aspetti importanti dei primi giorni dell’esperienza mistica di Chiara: questo mi ha acceso molti “allarmi” ed ho cercato di ritornare a questo testo senza conoscenze pre-acquisite, facendomi “mangiare” dal testo. Vi ho incontrato una ricchezza che non si può dire in pochi minuti.

Sottolineerei tre cose in particolare, che mi sono balzate in evidenza e che hanno cominciato a vivere nell’anima, nell’intelligenza, con forza.

Vorrei intanto leggervi le prime righe; tutti noi lo conosciamo ma è bene averlo davanti.

Leggo soltanto l’inizio, come esempio della profonda coerenza intellettuale di Chiara in questo discorso. Chiara scrive così: “Se un giorno gli uomini, ma non come singoli bensì come popoli, se un giorno i popoli sapranno posporre loro stessi, l’idea che essi hanno della loro patria, i loro regni, e offrirli come incenso al Signore, re di un regno che non è di questo mondo, guida della storia, e questo lo faranno per quell’amore reciproco fra gli Stati, che Dio domanda, come domanda l’amore reciproco fra i fratelli, quel giorno sarà l’inizio di una nuova èra, perché quel giorno, così come è viva la presenza di Gesù fra due che si amano in Cristo, sarà vivo e presente Gesù fra i popoli, messo finalmente al suo vero posto di un unico re,  non solo dei cuori ma delle nazioni. Sarà il Cristo re”[1].

Come prima cosa, vediamo intanto un collegamento che Chiara stabilisce tra l’amore delle persone e quello dei popoli. Parla dei popoli che devono riuscire a posporre sé stessi così come possono farlo le persone, cioè con un atto di generosità, di amore fatto come comunità. Erano gli anni durante i quali Paesi europei che erano stati nemici mortali durante la Seconda guerra mondiale, stavano tessendo i legami per creare un’unione che garantisse pace e sviluppo. Fu un grande atto di fraternità, una scelta di fraternità politica reale compiuta dagli Stati che mise in moto un processo che ha trasformato un Continente.

[00:23:59] Fu un colpo di genio politico e umano che forse dev’essere rinnovato in questo momento; forse è il momento per riprendere quell’altezza di visione. E Chiara ci richiama a questo.

È interessante che Chiara sottolinei che bisogna posporre non solo sé stessi individualmente, che quindi ciascuno deve amare mettendo da parte il proprio io; ma [i popoli] devono posporre anche l’idea che hanno di sé e questo a Chiara interessava moltissimo come ho potuto constatare negli anni di collaborazione con lei. È l’idea che noi abbiamo di noi stessi come singoli, l’idea che abbiamo come popoli che a volte guasta le cose. Noi siamo più attaccati alle nostre idee che a noi stessi. Saremmo pronti a dare la vita ma non a rinunciare alle nostre idee. E se queste idee fossero sbagliate? Se fossero costruzioni irreali? Chi mi dice dove sta l’errore? Me lo può dire soltanto l’altro, perché ciò che io faccio verso di lui può essere un male anche se io penso che invece esso sia un bene.

[00:25:07] E Chiara sottolinea che i popoli devono offrirsi al Signore, offrire queste visioni che essi hanno. Anche questa non è un’ingenuità, non è, come si potrebbe fraintendere, uno slancio affettivo. È riconoscere l’origine della garanzia dei diritti. Ricordo, soltanto per fare un esempio, la Dichiarazione di indipendenza del 1776 delle colonie inglesi in America del Nord, che poi diventeranno Stati Uniti: essa dichiara l’esistenza di alcune verità evidenti. Quali sono? Che Dio abbia creato gli uomini uguali e dotati di alcuni diritti inalienabili e così via…

Quella Dichiarazione fu condivisa da persone di diverse convinzioni religiose e anche non credenti. Questo riconoscere a Dio il suo ruolo di creatore dei diritti non è un atto ingenuo, sentimentale o devozionale; è riconoscere la radice dei diritti che ogni comunità politica deve rispettare. Questo è un principio prezioso anche per chi non ha una convinzione religiosa. È fondamentale riconoscere che le cose più importanti che noi esseri umani condividiamo non le abbiamo inventate noi e nessuno ce le può togliere perché vanno al di là di noi.

Quindi non c’è ingenuità in questo discorso di Chiara, non è un discorso affettivo o di sola religiosità popolare, ma c’è un pensiero profondo.

[00:26:12] Lo vediamo subito affrontando il secondo punto di interesse. Chiara, dopo aver parlato di Dio come di un re, come il Signore di un regno, dice che Dio “domanda” ai popoli di donare sé stessi e non “comanda”.

Perché Chiara parlando dell’azione regale di un sovrano dice che Egli “domanda” e non “comanda”?

Intanto ha davanti a sé la figura di Cristo. Cristo sviluppa sempre una logica della domanda, in tutta la sua vita. Prima di fare i miracoli stabilisce un dialogo; termina la sua vita con un grido che è una domanda sul “perché”. E Chiara diceva che in questo modo Gesù dichiarava la sua fiducia in Dio perché anche nell’abbandono Egli, che non comprendeva perché stava lì appeso alla Croce, nel più profondo di sé stesso era il Fedele, era convinto che Dio conosceva lo scopo e custodiva il significato di quel sacrificio che Gesù, immerso nella prova, non vedeva.

[00:27:12] Quando Chiara sottolinea che questo Re “domanda”, ci richiama alla mente una visione che molte società antiche avevano del loro re, che non era affatto, prima di tutto, un guerriero, un condottiero che portava il popolo in battaglia. Noi diciamo “re” utilizzando una parola dalla radice latina, “rex”. Questa radice è comune a molte antiche lingue indoeuropee, dal “ri” dell’estremo occidente gaelico, al “rix” celtico, al “raj” sanscrito dell’India, e il suo significato più forte è quello del re come di colui che garantisce la fertilità, che guida, che conduce il popolo in linea retta, che traccia i confini, cioè che dice quale è la terra buona dove stabilirsi e prosperare. Ecco, questo non è un re che combatte o che impone: è un re che custodisce, che domanda, che chiede: “Che cosa posso fare?” al suo popolo.

Questa è la visione che Chiara ha della politica e dell’esercizio della politica.

Chiara infatti parla di Dio come re e come guida: non è il re guerriero, è il re custode.

Quando si incontra questa parola: “guidare”, “custodire”, il pensiero va subito a Caino. Quando ricevette da Dio la domanda “dov’è tuo fratello?” rispose: “io non sono il custode di mio fratello”. Io non voglio “לשמור” [shomar], custodire Abele, non è affare mio.

É il rifiuto della fraternità, quindi l’impossibilità che si costituisca una comunità.

Chiara con questo discorso richiama innanzi tutto alla fraternità come inizio di una comunità tra singoli, tra cittadini, ma poi di una comunità tra popoli e tra Stati. E Chiara spiega che soltanto quando i popoli insieme accoglieranno la presenza di Dio Amore allora ci sarà l’unità vera, ci sarà il Cristo re, perché il popolo di Dio è come un popolo di popoli. Popoli che rinunciano, in un certo senso, alla identità chiusa per aprirsi a quella dell’altro e, in questa relazione, capire veramente sé stessi.

[00:29:33] E qui c’è il secondo punto importante. Come riuscire a farlo? Chiara spiega, nel testo, che è importante imparare un nuovo modo di guardarsi, di vedersi: “Sono questi i tempi” – e noi lo possiamo prendere per oggi, per questo tempo – “in cui ogni popolo deve oltrepassare il proprio confine e guardare al di là; è arrivato il momento in cui la patria altrui va amata come la propria, in cui il nostro occhio deve acquistare una nuova purezza”. E questa purezza significa guardare agli uomini e alle cose come Dio guarda. Dio è padre e creatore e quando crea le cose, quando pronuncia il nostro nome ci accompagna, ci segue, è presente nella nostra esistenza. É il primo che ci custodisce. Allora guardare in questo modo dà valore alle cose. Allora il Verbo che si incarna è un Verbo che fa suo tutto ciò che è umano. Ogni cosa ha importanza, ogni pietra, ogni sasso, ogni particolare. Ha importanza la polvere, il sudore, il dolore del parto, il sangue, le malattie, le fragilità: tutto riceve consistenza. Le cose hanno un senso perché Dio le ha fatte proprie; non scappando da noi, ma venendo da noi.

[00:30:51] Ecco perché Chiara si dona a Dio, ma per amare Dio ama i fratelli e costruisce la comunità cristiana.

Ed ecco il terzo pilastro di questo discorso. Perché Maria? Qual è il suo ruolo qui e perché Maria “Regina”?

Chiara accenna in questo testo ad una cosa che potrebbe essere fraintesa. Dice: “ci hanno insegnato che le cose importanti nella storia sono le guerre”; certamente faceva riferimento all’educazione che aveva ricevuto durante il fascismo. Ma non è così, spiega Chiara, non è questa la nostra visione delle cose, è un’altra”.

Vediamo che c’è una grande realtà dentro ciascun popolo: la capacità di unirsi agli altri. Esiste in ogni popolo un vincolo con gli altri, e questo vincolo, sottolinea Chiara, è Maria. In ogni nazione c’è Maria come vincolo per rivolgersi alle altre.

E dice che a volte è capitato anche che dei popoli cristiani si siano combattuti tra loro; eppure dove si rifugiavano questi popoli per scappare alla battaglia ed alla violenza dei soldati e della guerra? Si rifugiavano sotto il manto della Madre, nelle basiliche, nei santuari mariani. Ora questo rifugiarsi di combattenti e di popoli, che appartenevano a parti diverse nella guerra, sotto il manto di Maria è tipico del custodire di Maria. È una forma popolare per dire una cosa che Chiara invece aveva visto in maniera molto profonda. Maria, cioè, è colei che “mette insieme” le cose contrastanti.

Nel Vangelo si racconta che “Maria custodiva queste cose nel suo cuore”. Quali cose? Le cose che non avevano senso. Ma perché questo bambino presentato al tempio fa fare quel discorso al sacerdote? [Gli fa dire] che sarà spada, che porterà divisione, che sarà….  Perché Gesù si allontana quando ha dodici anni e poi spiega: “Devo fare le cose di mio padre”?   Tutte queste cose contrastanti Maria non le scarta. Quando noi non comprendiamo qualche cosa talvolta l’abbandoniamo, la trasformiamo in nemico, non comprendiamo l’altro che pensa diversamente. Maria invece tiene dentro, custodisce, tiene insieme le cose diverse che sembrano contrastare tra di loro e le custodisce fino a quando non riusciranno a comprendersi, fino a quando non matureranno nella storia e saranno nuovamente comprensibili. In questo noi vediamo che, come Gesù è re, come Cristo è re dei popoli, perché dà significato a tutte le cose che ha fatto Sue, così Maria salva le cose, salva noi, salva ciò che è scartato, salva ciò che è in periferia, ciò che non ha valore, salva gli attimi di amore e di sofferenza che nessuno conosce e solo noi conosciamo.

[00:33:51] E questo abbraccio di Maria [che tiene insieme le cose contrastanti] è la capacità di pensare la complessità. In politica oggi noi possiamo forse avere l’impressione di essere privi di re “custodi”, pensiamo di avere a che fare qualche volta con dei guerrafondai o con persone che non sono all’altezza del loro compito. Ecco che allora il compito di Maria è quello di tenere insieme le cose che non si comprendono. È un compito che allora possiamo assumere noi come popolo di Maria. Accettando Maria come Regina accettiamo di abbracciare la complessità, anche ciò che ci fa male, e di tenerla dentro fino a quando essa non fiorirà.

Questo è un tempo di vocazioni politiche, un tempo in cui fare politica significa tenere insieme colui che sbarca perché ha fame o perché ha subito violenze e colui che vorrebbe rigettarlo in mare. È impossibile? Forse si. Forse andiamo verso una notte della cultura politica attuale ma è così che i popoli pospongono sé stessi per aprirsi agli altri, accettando di entrare in questa notte e di avere come unica guida la fraternità, l’amore reciproco.

Queste sono alcune piccolissime cose che ci vengono da questo grande discorso di Chiara che andrebbe approfondito. Bene, io mi fermo qui…»

 

[1] Lubich, Chiara. «Maria, Regina del mondo». In Id. Scritti spirituali /1. L’attrattiva del tempo moderno. Roma: Città Nuova, 1978: 218-221. Disponibile anche in: Lubich, Chiara. «Maria vincolo di unità tra i popoli». In Id. La dottrina spirituale. Milano: Mondadori, 2001: 276-281.