Cultura di partecipazione
“… anche oggi ci sono cittadini per i quali la città è come non esistesse. (…) La fraternità può realizzare nella città libertà e uguaglianza, che consiste nel creare le condizioni perché ciascuno, cittadino, famiglia, associazione, azienda, scuola, possa esprimere la propria personalità e dare il meglio di sé. (…) La città, così, non viene governata dall’alto, ma è sollevata dal basso, e la politica assume il ruolo dello stelo che sostiene il fiorire delle iniziative pensate dai o insieme ai cittadini, diventa vero servizio unificando verso il bene comune gli sforzi di tutti.”
Chiara Lubich al Consiglio comunale di Trento, 8 giugno 2001
I percorsi che le civiltà hanno conosciuto per dare forma, regole e istituzioni, alla convivenza tra le persone sono i più vari. La storia del concetto di democrazia, il suo approfondimento e il suo esercizio lungo i secoli, è uno di questi cammini, tuttora aperto, tuttora ricco di significati e di prospettive da esplorare.
Una delle principali dimensioni democratiche a cui la modernità sta dando il massimo rilievo è la partecipazione politica: il suo aggancio in profondità con l’idea stessa di democrazia la rende, infatti, uno degli indicatori più importanti e decisivi. Al punto che oggi si parla della crescita della partecipazione come di un punto di svolta che si rende sempre più evidente, un vero e proprio cambio di paradigma nell’esercizio della politica.
La domanda di partecipazione continua a crescere. Negli ultimi decenni, è stata in particolare la voce della società civile a rappresentare la partecipazione come un’esigenza inesauribile di coinvolgimento nella costruzione della convivenza, come un carattere costitutivo dello struttura umana che chiede di esprimersi in prima persona anche nell’ambito pubblico.
I cittadini, e in particolare i giovani, chiedono di portare il proprio contributo chiudendo i conti con una concezione antagonistica fra istituzioni e società civile, tra centro e periferia; reclamano di superare prassi verticistiche e decisioniste per sperimentare nuovi luoghi e strumenti nella elaborazione e nell’attuazione delle politiche pubbliche. Dove la scelta di partecipare alla vicenda comune scaturisce anzitutto dalla condivisione di un’appartenenza: siamo parte, prima ancora di prendere parte.
Lungo questo percorso, sono i legami tra le persone a venire in nuova luce, a esigere un nuovo riconoscimento e una nuova definizione all’interno dell’assetto democratico. Ma mettere al centro della costruzione il legame sociale e rispettare genericamente l’azione partecipativa che lo esprime, non basta. E’ necessario attraversare le ambiguità e le contraddizioni che caratterizzano le relazioni umane, nel privato come nel pubblico: serve orientare l’azione al bene, alla giustizia, alla pace, serve dare qualità precise alla partecipazione e di conseguenza alla democrazia che si fonda su di essa. In questa luce abbiamo fatto una scelta: dare alla partecipazione politica le qualità della fraternità universale, della libertà e della responsabilità, dell’iniziativa e dell’accoglienza, della capacità di dialogo e di integrazione, della riconciliazione…
Allora il senso della cittadinanza e l’esercizio della partecipazione riceve una profondità diversa, finora spesso trascurata o manipolata. Non si tratta soltanto di estendere e perfezionare una serie di meccanismi decisionali, ma di investire specifiche risorse per la costruzione e la cura della comunità civile, perchè sia in grado di generare il capitale sociale necessario per poter intervenire sulle fratture culturali e sociali che sfibrano la nostra convivenza.
Siamo convinti che, per lo stesso motivo per cui la distanza drammatica tra mondi sociali e istituzioni della politica dice il profondo disorientamento della democrazia moderna, così lo sviluppo di una cultura fraterna della partecipazione può rappresentare un cardine di quel rinnovamento democratico che tutti auspichiamo.